La parola CATTIVO/A viene dal latino captivus, a sua volta voce del verbo captare =impadronirsi, dalla stessa radice del verbo greco kapto = prendere, catturare, afferrare.
Captivus è quindi “colui che viene catturato, fatto prigioniero”. La scelta di mantenere cattivo nel vocabolario italiano al posto di malus (dannoso, nocivo) pare derivi proprio dal richiamo alle invasioni barbariche del Medioevo, in cui i prigionieri venivano catturati in quantità innumerevole, e altrettante erano le lacrime versate e le sofferenze da loro subite, tali da renderli “cattivi” e in preda a violenti impeti di rabbia.
Il significato attuale del termine sembra invece derivare dal fatto che, sempre nel Medioevo, si utilizzava l’espressione del latino ecclesiastico captivus diaboli, e cioè, “prigioniero del diavolo” per indicare le persone malvagie.
Etimologia particolarmente sorprendente quella di cattivo/a: nel linguaggio corrente viene solitamente inteso, infatti, come colui che fa prigioniero qualcun altro e lo tortura, non come colui che viene catturato e subisce.
Nel Vocabolario Treccani, tra i significati di cattivo, si trova anche “privo dei requisiti necessari alla sua condizione, che viene meno al suo dovere, incapace, inetto”. Privo significa “solo” ma anche “separato, mancante”, forse proprio di una qualche capacità o condizione di realizzazione.
Allora, forse, il cattivo non è cattivo per natura. Forse il cattivo è cattivo perché è prigioniero in un qualche senso, separato dal mondo, privato di qualcosa che a lui non è concessa per un qualche motivo. Chissà se, liberandolo, cambierebbe o rimarrebbe preda della sua cattiveria.