La parola POTERE deriva dal latino POSSE, di cui POTERE era la forma antiquata, da POTIS = che può ma anche potente, in grado di. Connesso anche a POTIOR = diventar padrone, impossessarsi, dominare.

Riconducibile, inoltre, alla radice sanscrita (la radice è la parte più piccola possibile delle parole e il sanscrito, una delle più antiche lingue al mondo, se non la più antica!) PA-, racchiude sia il concetto di PROTEGGERE che di DOMINARE. In sanscrito, infatti, PÀYÚ è custode e PÂLAS è sovrano.

Richiama così anche il termine PATER= padre, inteso come “signore della casa”. La parola “patriarcato”, sua derivazione, indica, infatti, una società in cui gli uomini hanno il potere in ambito domestico, pubblico e politico (ne abbiamo parlato in Tuttondo n. 6!).

La parola “potere” ha, dunque, due significati, apparentemente antitetici: uno indica la facoltà, l’essere in grado di fare ciò che si desidera, l’altro l’esercizio di un dominio su altri, capace di influenzare o orientare il loro comportamento o il corso degli eventi. L’uno offre un senso di possibilità, l’altro di controllo.

L’esercizio di potere è certo una grande responsabilità, fatta di scelte complesse. Eppure, se chi è alla guida di un gruppo le compie in modo solidale, consapevole e lungimirante, anche le rinunce che queste comportano risulteranno comprensibili e compatibili con nuove possibilità, permettendo alla parola POTERE di ritrovare il suo senso più autentico.

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