Secondo il più recente report di Francesca Albanese – Relatrice speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati – dal 2000 ad oggi più di 13 mila minori palestinesi sono stati detenuti, interrogati, perseguiti e imprigionati dalle forze di occupazione israeliane, con una media di 500-700 detenuti l’anno.
Circa l’86% di questi ha dichiarato di essere stato picchiato, il 69% di aver subito perquisizioni corporali e quasi la metà di loro di essere stato ferito al momento dell’arresto, alcuni riportando ferite da arma da fuoco e ossa rotte. Il 59% è stato arrestato di notte, il 97% ha riferito di avere avuto le mani legate e l’86% di essere stato bendato.
Un rapporto dell’Unicef del 2013 concludeva che il maltrattamento dei bambini palestinesi detenuti era “diffuso, sistematico e istituzionalizzato durante tutto il processo” Una recente ricerca di Save the Children, che fa seguito al report sullo stesso tema “Defenceless” che la stessa organizzazione aveva condotto già nel del 2020, ha concluso che i minori palestinesi detenuti in Israele subiscono abusi fisici, emotivi e sessuali.
“Trattamenti crudeli, disumani e degradanti sono largamente riportati. I bambini palestinesi possono essere arrestati ovunque, ai checkpoint, mentre vanno a scuola, durante le operazioni nelle città e nei campi profughi, o anche a casa, nei loro letti” ha detto Albanese.
La maggior parte dei minori sono accusati di lancio di pietre contro i veicoli blindati delle forze israeliane, il che può comportare condanne da 10 a 20 anni. I bambini hanno riferito di essere stati interrogati in luoghi sconosciuti senza la presenza di un genitore o di un avvocato, e spesso son stati privati di cibo e acqua.
Spesso vengono ostacolate le visite dei familiari, a causa delle difficoltà nell’ottenimento dei permessi rilasciati da Israele, specialmente se si arriva da Gaza. In generale i minori ricevono raramente le visite dei familiari, anche perché vengono spesso trasferiti all’interno di istituti penitenziari che si trovano in Israele, dunque sono irraggiungibili dai genitori. Allo stesso modo i genitori sono raramente informati su dove vengono trasferiti i loro figli al momento dell’arresto.
Israele sottopone sistematicamente i minori a processo senza fare ricorso ai tribunali minorili, ma ricorrendo ai tribunali militari, che spesso accettano confessioni ottenute con la coercizione. Questo nonostante, nel 1991, Israele abbia ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, che prevede che i minori possano essere privati della libertà solo in casi di estrema necessità e per il periodo più breve possibile, proibendo la prassi della detenzione arbitraria, senza che esista un capo d’accusa preciso al momento dell’arresto.
Ma una serie di cambiamenti politici hanno creato scappatoie che oggi consentono alle autorità israeliane di condannare i bambini. Infatti, nell’agosto 2016, Israele ha modificato una legge che stabiliva che i bambini sotto i 14 anni non potevano essere ritenuti penalmente responsabili, al fine di accusare Ahmed Manasra, che aveva 13 anni al momento del suo arresto, di tentato omicidio.
Quella che sta avvenendo in queste settimane è la sesta guerra vissuta da un bambino palestinese di 15 anni nel corso della sua breve vita e anche le detenzioni arbitrarie e gli arresti da parte di Israele vanno a determinare la loro condizione di “unchilded”, ossia bambini privati di tutto quello che dovrebbe far parte del concetto e del diritto stesso all’infanzia.