Da qualche settimana un nuovo ed importante accordo tra gli Stati membri delle Nazioni Unite offre all’umanità l’occasione di collaborare per la salvaguardia e la protezione dell’alto mare o acque internazionali che coprono più del 70% della superficie totale del pianeta.

Sono così definite quelle parti di oceano che si trovano oltre le 200 miglia nautiche dalla costa, al di fuori delle frontiere della Zona Economica Esclusiva (ZEE) di ogni nazione, in cui tutti gli Stati hanno il diritto di navigare, pescare e fare ricerca.

Queste vaste aree sono sempre state soggette ad uno sfruttamento molto più consistente rispetto alle zone costiere, nonostante svolgano un ruolo fondamentale nel limitare le conseguenze del riscaldamento globale e nel preservare l’habitat di specie vitali per l’ecosistema.

L’High Sea Treaty riconosce finalmente le minacce che la pesca intensiva, i cambiamenti climatici e l’estrazione mineraria in acque profonde rappresentano per specie animali come tonni, squali, tartarughe marine e balene.

Istituisce una Conferenza delle parti (Cop) che si riunirà a cadenza periodica, in cui gli Stati membri saranno chiamati a rendere conto sui temi di biodiversità e governance e contribuirà a raggiungere l’obiettivo di rendere il 30% delle acque internazionale zone marine protette entro il 2030. 

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