Dallo sciacquone al cannone sparaneve

Sono passati quasi tre lustri dai primi studi in nord America per capire se si poteva produrre neve artificiale adatta allo sci dalle acque reflue debitamente trattate e che tradizionalmente venivano immesse nei fiumi ed in altri corpi idrici.

In quell’inverno del 2011 a Big Sky in Montana si trasformarono con successo mezzo milione di litri di acque reflue in un ettaro di neve profonda quasi mezzo metro grazie alla collaborazione tra privati, gruppi ambientalisti ed enti locali. E così fino ad oggi.

Quest’acqua riciclata è ancora più depurata di quanto lo sarebbero normalmente prima di essere rilasciata in un fiume, in più, nebulizzandola sulle piste da sci sotto forma di neve, viene ulteriormente trattata. Poi, quando in primavera si scioglie ed entra nel terreno, viene filtrata una terza volta.

La neve così prodotta, compattata sui pendii, durerà più a lungo in primavera ed in estate, aggiungendo acqua alle falde acquifere in un momento critico e favorendo il deflusso dei corsi d’acqua più avanti nella stagione. Una miglioria per tutti, agricoltori compresi.

Questa tecnica potrebbe diventare sempre più comune in tante località sciistiche visto l’incedere del cambiamento climatico che porta con sé inverni sempre più secchi. Chissà che in futuro non ci dovremo abituare ad una segnaletica che avverte di non consumare la neve sulle piste…

    • [categories orderby=count title_li=0 exclude=1,8,11]
  • Iscriviti alla Newsletter