Parola che deriva dal latino CIVITAS. La sua etimologia germoglia, in ogni caso, dalla radice indoeuropea ki o ci che significava giacere, sedere, da cui derivano i significati di abitare edimorare.

Il significato del termine indicava, inizialmente, sia la condizione di CIVIS, ovvero cittadino e, quindi, abitante di città, che il complesso dei suoi abitanti, l’insieme dell’intera cittadinanza.

CIVIS è, infatti, il residente, colui che ha stabile dimora in paese, in opposizione allo STRANIERO (peregrinus), che viene da un altro posto in cui poi ritornerà, al NOMADE (nomas) che non ha dimora stabile e all’INQUILINO (inquilinus) abitante non fisso di luogo di cui non è proprietario].

I latini possedevano, in realtà, un altro termine per caratterizzare la CITTÀ, ovvero URBS, che la definiva come l’insieme fisico degli edifici abitati, talvolta delimitato da mura e distinto in piazze, strade, quartieri etc.

Mentre urbs, riferito a Roma per antonomasia e poi esteso a tutte le città, era la “città delle pietre”, la civitas era, per gli antichi romani, la “città delle anime”. L’urbs è uno spazio, la civitas è un luogo.

L’urbs sono le mura, la civitas non sono le pietre, ma la gente che ci abita” diceva, infatti, il vescovo e teologo Sant’Isidoro di Siviglia [NON NECESSARIO (559 – 636 d.C.) (Cfr. Etymologiae, XV, “De aedificiis et agris”)]. La sola pietra non fa la civitas, e la sola civitas non costituisce l’urbs: è l’unione tra le due a renderla uno spazio e un luogo da vivere, condividere e accudire.

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